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E’ politica

CONTRORIFORMA DELLA SCUOLA: FIDUCIA AL GOVERNO- come aveva commentato la vicenda Manuela Palermi, PCdI.
(cronaca DALL’HUFFINGTON )

Renzi, l'ignorante che parla di scuola

Renzi, l’ignorante che parla di scuola

L’aula del Senato, con 159 sì, 112 no e nessun astenuto, ha approvato la fiducia chiesta dal governo sul ddl ‘buona scuola’ che ora dovrà tornare alla Camera per la terza e definitiva lettura. Numeri comunque bassi: mancano infatti due voti per la maggioranza assoluta. “Ce l’abbiamo fatta”. La ministra Stefania Giannini ha mandato questo messaggio al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, appena uscita dall’aula del Senato che aveva approvato la fiducia. Intanto, sia dentro l’aula sia fuori, un gruppo di insegnanti ha protestato contro la riforma.
“Una giornata molto importante per il nostro governo – ha detto Giannini – ma anche per me personalmente perché anche se non è il passaggio definitivo è un passaggio fondamentale approvato dai senatori con ampi numeri”. “È la prima volta – ha aggiunto – che si riesce a sfondare un muro che molti ministri non erano riusciti a valicare: il muro dell’autonomia completa. Della valutazione che non era mai riuscita a entrare nella scuola, un elemento qualificante”.
Quattro senatori del Pd – Corradino Mineo, Walter Tocci, Roberto Ruta e Felice Casson – non hanno votato la fiducia, non partecipando al voto. Anche se su Casson non è chiaro se sia una assenza di protesta. Al momento del pronunciamento dell’esito del voto fischi e proteste da parte dell’opposizione.
Hanno invece votato la fiducia gli ex senatori di Forza Italia, ora nel gruppo misto al Senato, Manuela Repetti e Sandro Bondi. Ai loro sì, pronunciati davanti ai banchi della presidenza in aula, si levano le proteste di alcuni senatori azzurri.
MANUELA PALERMI: RENZI UOMO DI PAGLIA DELLA UE.
Manuela Palermi, Presidente Pdci

Manuela Palermi, Presidente Pdci


“Renzi presenterà un maxiemendamento sulla riforma della scuola e porrà la fiducia. Non è solo arroganza, è soprattutto una totale mancanza di autonomia politica”. Lo afferma Manuela Palermi del Partito Comunista d’Italia. “Tutti i paesi europei, Italia compresa, fanno le stesse politiche: nei fatti un massacro dello stato sociale. Perché tutti ubbidiscono (o devono ubbidire, come nel caso della Grecia) alle direttive del capitalismo finanziario, rappresentato egregiamente dalla UE. Lo fanno contro i loro stessi popoli, lo fanno rinunciando alla propria sovranità. Renzi è un uomo di paglia – conclude Palermi – e prima cade, cosa ormai prossima, meglio è per il Paese”

(secondo Claudio Grassi) Finalmente qualcosa si muove!
Il processo della Coalizione Sociale, dopo la assemblea di avvio di Roma ai Frentani, compie i primi passi e in molte città si stanno tenendo le assemblee per costruirla sui territori.
Ma anche sul versante di ciò che resta della sinistra politica qualcosa comincia ad andare nella giusta direzione.
Per la prima volta uno dei massimi dirigenti di Sel (Ciccio Ferrara, vedi link allegato) parla della necessità di sciogliere Sel per avviare un processo di costruzione di una nuova forza unitaria della sinistra.
Pippo Civati è uscito dal Pd e ha costituito con l’iniziativa che ha tenuto sabato scorso a Roma una associazione, “Possibile”, che si propone di raccogliere i molti delusi dal Pd renziano.
Il 4 luglio Stefano Fassina farà una sua iniziativa per discutere di come creare una alternativa alle politiche, a partire da quelle della scuola e del lavoro, sempre più moderate del Pd.
L’11 luglio Sel terrà la sua assemblea nazionale e ci sono tutte le condizioni per pensare che la proposta avanzata da Ciccio Ferrara venga assunta dall’intero partito.
Sempre l’11 luglio Sinistra Lavoro terrà la sua assemblea nazionale dove ribadirà la sua internità al processo della Coalizione Sociale e la propria convinzione che tutto ciò che esiste a sinistra deve essere sciolto affinché si possa dare vita ad un unico soggetto politico alternativo alle destre e al Pd renziano.
Paolo Ferrero ha rilasciato una dichiarazione entusiasta della assemblea di Civati (se lo avessi fatto io alcuni mesi fa sarei stato linciato sulla pubblica piazza😄) e si dichiara favorevole per la costituente di una forza politica di sinistra.
Forse tutto questo avviene per stato di necessità. Ma questo non ha molta importanza. Ciò che è importante è che maturi in tutti la consapevolezza che nessuno da solo ce la può fare e che non funziona più l’assemblaggio di quel che c’è, già provato con Arcobaleno, Fds e Ingroia.
Da questo punto di vista la Coalizione Sociale può aiutare molto e dovrebbe essere vista da tutti non come una minaccia, ma come una grande opportunità.
È il momento di guardare all’interesse generale e non a quello della propria organizzazione.
È il momento della generosità .
(breve commento di maurizio aversa) Io la vedo così: se il fine è solo elettorale, forse ha un qualche appeal ed una qualche consistenza. Se il fine è di costruire una forza (Partito) capace di elaborazione politica alternativa a governo, padroni e destre, è fortemente velleitario se non si basa su una comune analisi, su basi ideali che uniscono, e non solo sull’appello a unire i ranghi contro!

TOSCANA. IL PD SMENTISCE E TRADISCE UN PERCORSO CHE HA DATO TANTO AI CITTADINI TOSCANI? IL PARTITO COMUNISTA D’ITALIA, NO: CONFERMA LA PROPRIA COERENZA E VICINANZA AGLI INTERESSI E DIRITTI DEI CITTADINI TOSCANI.
di Lucia Mango, segretario regionale PCdI Toscana

Enrico Rossi, pres. Regione Toscana, e Lucia Mango, segretario PCd'I Toscana

Enrico Rossi, pres. Regione Toscana, e Lucia Mango, segretario PCd’I Toscana

In questi anni il Partito dei Comunisti Italiani, oggi Partito comunista d’Italia, ha sostenuto con convinzione e determinazione il governo della Regione Toscana, guidato dal Presidente Rossi, che ha attuato un programma progressista e apertamente schierato dalla parte dei lavoratori. Il nostro Consigliere Regionale, Paolo Marini, presidente della commissione Lavoro, in collaborazione con l’assessorato al lavoro e con la Giunta, in questi anni ha infatti potuto affrontare e dare risposte a molte delle numerosissime vertenze che si sono aperte in Toscana a causa della crisi che colpisce il paese e la nostra regione così duramente ormai da molti anni. Citiamo, tra le ultime, la vicenda di Piombino, su cui questa maggioranza e il Presidente in particolare hanno ottenuto un risultato da molti insperato. Nell’ultimo anno di mandato, tuttavia, molte sono state le volte in cui in Consiglio regionale ci siamo trovati in imbarazzo per questioni poste in votazione dalla Giunta che non solo non erano previste nel programma ma che neppure erano state discusse in riunioni di maggioranza e che non abbiamo affatto condiviso. Mi riferisco ai tagli alla sanità, alla vicenda degli aeroporti, alla dolorosa vendita delle quote pubbliche dell’aeroporto di Pisa (azienda pubblica in brillante attivo), alla vergognosa legge elettorale, che riteniamo del tutto incostituzionale, al pasticcio sul riordino delle ASL (sul quale ancora non c’è niente di chiaro sul come né sul quando)e per finire agli imbarazzanti emendamenti del PD sul piano paesaggistico regionale. Abbiamo tuttavia mantenuto la nostra posizione all’interno della maggioranza, un po’ per correttezza nei confronti del mandato che avevamo e che ci aveva visti eletti all’interno della coalizione di Toscana Democratica, un po’ perché convinti dell’importanza del governo e della presenza di qualcuno che, da sinistra, facesse pesare la propria posizione e impostazione nelle scelte del governo della Toscana. E’ stato, dunque, un anno difficile, durante il quale molte sono state le discussioni sul da farsi. Ha prevalso, fino ad oggi, il senso di responsabilità e l’idea che la Toscana non potesse esser lasciata nelle mani del solo Partito Democratico ormai a maggioranza renziana. Oggi, di fronte al programma del PD sulle questioni del lavoro, nel quale, in estrema sintesi si dichiara che la Toscana dovrà essere ‘laboratorio per il Jobs act’, riteniamo che per il PCdI non esistano più le condizioni per una trattativa che consenta di proseguire l’esperienza di Toscana Democratica per il prossimo mandato. Nostro compito è quello di cercare di tutelare e migliorare le condizione materiali di chi lavora e di chi lavoro non ce l’ha.Sulla pelle dei lavoratori e dei disoccupati non siamo disposti a trattare. Riteniamo che il Jobs act elimini completamente lo statuto dei lavoratori, reintroduca forme di schiavitù, quali il caporalato, e sottoponga i lavoratori alle peggiori forme di ricatto da parte del datore di lavoro. Il PCdI è, dunque, al lavoro perché in Toscana la sinistra politica e sociale si presenti unita alla scadenza elettorale. Una sinistra che raccolga il mondo del lavoro e provi a rappresentarlo e a governare la Toscana nel segno del progresso e dell’equità, come tradizione di questa Regione. Siamo convinti che nessuna forza di sinistra possa accettare il nuovo corso scelto da Enrico Rossi, prigioniero della nuova maggioranza interna al suo partito. Riteniamo, quindi, che in quella coalizione di centro, solo una lista ‘civetta’ che si dichiari di sinistra senza esserlo potrà presentarsi, per una evidente questione di incompatibilità programmatica. Ci preoccupa molto che la Toscana sia governata nei prossimi 5 anni da questo PD, affiancato da liste di centro o civiche, perché il rischio è che si butti alle ortiche quanto di buono è stato fatto fino ad oggi a tutela dei lavoratori e del paesaggio. Riteniamo, quindi, doveroso che la sinistra sia in grado di trovare una sintesi, di superare gli ostacoli e le differenze e che si candidi al governo di questa Regione. Se il PD ha #cambiatoVerso, i comunisti no e continuano a lavorare nell’interesse dei lavoratori, dei disoccupati, dei deboli e degli ultimi.

CON LA USUALE SINTONIA CON CUI SPESSO MI TROVO A CONDIVIDERE LE ANALISI MACRO COL COMPAGNO FABIO NOBILE, RIPORTO QUI DI SEGUITO UNA SUA PRIMA ANALISI POLITICA SU GRECIA, EUROPA, SYRIZA E ALEXIS TSIPRAS.
Prime considerazioni sulle elezioni in Grecia. (di Fabio Nobile)

Fabio Nobile, in conferenza stampa a Marino con Maurizio Aversa

Fabio Nobile, in conferenza stampa a Marino con Maurizio Aversa

a) La vittoria elettorale di Siryza è straordinaria. Per la prima volta in Europa una forza di sinistra ed esplicitamente contro Bruxelles vince. Trasformarla in una vittoria politica di lungo periodo per i compagni greci sarà un compito arduo. E’ bene saperlo per affrontare la fase con la giusta razionalità.
b) Circa la scelta di Syriza di allearsi con ANEL, formazione politica riconducibile alla destra greca, ogni giudizio rischia di essere prematuro. Indubbiamente si tratta di una scelta che può rivelarsi scivolosa, è pur vero che data l’indisponibilità del KKE non c’erano grandi alternative.
c) I rapporti di forza. Sul piano istituzionale europeo Tsipras è oggettivamente isolato: i più vicini, ovviamente solo a parole, sul tema dell’austerity sono Renzi e Hollande. Giova, in proposito, ricordare che non più di sei mesi fa la Merkel ha “rifatto” il governo francese, perché non perfettamente allineato ai diktat di Berlino. Sul piano interno Tsipras ha certamente un margine più ampio, che si è ora consolidato col grande successo elettorale. Decisivi comunque sono i primi cento giorni, durante i quali sono indispensabili i primi concreti provvedimenti per alleviare il disagio sociale.
d) Atteso che i rapporti di forza sembrano essere questi la partita che si gioca Tsipras è tutta politica. Se l’obiettivo generale del governo Tsipras è aprire lo scontro sull’impianto delle politiche economiche europee la sua azione – sul breve periodo – deve essere necessariamente finalizzata: ad aprire un varco negoziale vero su austerity e debito (questione 1); e a compattare e strutturare il sostegno popolare al governo (questione 2). Decisiva è, quindi, la capacità di tenuta di Syriza tanto sotto il profilo istituzionale, nella gestione delle dinamiche governative e parlamentari, quanto sotto il profilo sociale, nel mantenere il bandolo della matassa politica in una società segnata e provata dalla crisi. La Merkel, infatti, potendo disporre delle leve politiche e finanziarie europee, giocherà a logorare il governo greco: bastone e carota, aperture e chiusure, nubi e schiarite, ossessivamente. Continuamente si tenterà di riassorbire Syriza in logiche ultra-gradualiste. Molto dipenderà quindi dalla determinazione e dalla capacità di Syriza di reggere lo scontro con la Merkel e la Troika, senza cedimenti e con la disponibilità ad assumere anche scelte di completa rottura.
e) Per aprire un varco vero su austerity e debito (questione 1) bisogna, quindi, individuare degli interlocutori in Europa e provare a premere su di loro, e sulle loro contraddizioni, per aumentare la pressione su BCE e Berlino. Serve premere su forze che hanno un peso sul piano politico, sindacale e sociale, in primo luogo all’interno del cuore pulsante dell’Europa: in Francia e Germania.
Più di tutto conterà quanto si alzerà il livello di mobilitazione popolare nel resto d’Europa, la funzione e la forza che metterà in campo la sinistra politica e sociale europea e la pressione che ne scaturirà in quei paesi in cui il consenso verso le politiche d’austerity, e le forze politiche che le sostengono, sono in costante calo. Il potenziale positivo dell’effetto contagio è ancora una volta enorme, da quello dipende in gran parte l’isolamento o meno della Grecia.
f) Per compattare e strutturare il sostegno popolare al governo (questione 2) servono molti passi in avanti. In termini di capacità di mobilitazione popolare al di là della smagliante leadership, la più transitoria delle virtù politiche, bisogna fare molto. Pur tenendo in grande considerazione le pratiche mutualistiche, fiore all’occhiello di Syriza e aspetto dal quale dovremmo certamente trarre insegnamento, non bisogna sottovalutare la capacità di mobilitazione e la strutturazione che esprimono i corpi intermedi tradizionali, primo tra i quali il sindacato. Ed è qui che c’è un nodo di non poco conto: la più importante organizzazione sindacale greca, il Pame, in grado di portare in piazza milioni di lavoratori, è saldamente in mano ai comunisti del KKE.
g) Il risultato del KKE è certamente di tenuta e non era affatto scontato. Bisogna ammettere che anche grazie alla strutturazione e alla radicalità della critica da sinistra mossa dal KKE che Syriza è riuscita a costruire una piattaforma politica avanzata. Ma bisogna avere chiaro che se Siryza, tuttavia, fallirà anche chi oggi si chiama fuori, come il KKE, ne sarà responsabile. Il terzo partito di Grecia è il neonazista Alba Dorata. Una forma di sostegno condizionato sul piano politico sarebbe, con ogni probabilità, la scelta giusta per il KKE e la Grecia. L’attesismo della purezza, in una fase così complessa e dinamica, rischia infatti di essere esiziale.
h) Per quanto riguarda l’Italia, che non è la Grecia, dobbiamo lavorare ad un nostro originale percorso di unità in grado di essere efficace nel nostro Paese. Non esiste in Europa un percorso che è copia dell’altro. Esiste in generale l’esigenza di rafforzare politicamente l’unità d’azione delle forze che in Europa si battono contro la Troika e per noi l’urgenza di poter dare il nostro contributo.
i) A coloro i quali cercano di legittimare il proprio posizionamento politico in Italia in virtù di quanto accade in Grecia vanno ricordati alcuni paletti che qualificano l’impresa di Siryza:
– Syriza fa un accordo di governo solo dopo aver raggiunto dei rapporti di forza schiaccianti in proprio favore;
– nelle precedenti tornate elettorali ha risolutamente rifiutato ogni genere di accordo col Pasok e coi vari partiti filo-Bruxelles;
– Syriza si è giustamente rifiutata di candidare all’interno delle proprie liste gli esponenti di Dimar: una formazione politica nata nel 2010 da una scissione da destra di Synaspismós.
E’ utile conoscere anche questi aspetti se si vuole valorizzare l’esperienza greca.

MANUELA PALERMI: BERLUSCONI HA AGGUANTATO RENZI! IL PD ORMAI INTERPRETA SOLO LA LINEA POLITICA DI FORZA ITALIA.
FORZARENZI“Il governo Renzi si regge su una solida maggioranza Pd/Forza Italia il cui cervello politico si chiama Berlusconi”. E’ quanto afferma Manuela Palermi, presidente del comitato centrale del Partito Comunista d’Italia. “Questa maggioranza sta triturando il Pd. Cofferati se ne va, la sinistra Dem minaccia di andarsene, tanti militanti e votanti se ne restano a casa, ma la politica berlusconiana continua ad avanzare inesorabile nel Pd. E’ una politica – continua Palermi – che si chiama: controriforme istituzionali, jobs act, Italicum, decreto fiscale… Ogni tanto qualche berlusconiano dice “perché dovremmo fare opposizione a scelte politiche che sono le nostre?”. Ha ragione, perché dovrebbero? E infatti il problema non è FI che vota a favore, il problema è che lo fa anche il Pd. Berlusconi è un grande. Ha agguantato Renzi e lo tiene stretto”.

VIGILI URBANI ROMA. UNO SCONTRO SINDACALE STRUMENTALIZZATO. UNA GUERRA INTESTINA AL PD CHE VIENE PAGATO DALLA SPACCATURA IN DUE DI SEL. LA RICOSTRUZIONE “INTERNA” DI UNO DEI PROTAGONISTI DELLA CGIL.
a cura di Mimmo Dieni RSU-CGIL dipendenti Roma Capitale

polizia-municipale-2La martellante campagna di stampa sulla questione dell’assenteismo dei vigili urbani di Roma è un qualcosa che non pare avere precedenti. Per giorni i telegiornali ed i grandi organi di stampa gli hanno concesso i riflettori della notizia principale, surclassando la crisi economica, gli attacchi e gli ostaggi dell’ISIS, la crisi dell’eurozona, l’inchiesta di Mafia Capitale, le dimissioni del Presidente della Repubblicao drammatici fatti di cronaca.
Il governo Renzi ha preso la palla al balzo per estendere i reazionari concetti del Jobs Act anche ai dipendenti pubblici e si è cercato in tutti i modi di far crescere la rabbia nei confronti, non solo dei dipendenti capitolini, ma di tutto il pubblico impiego. Solo chi ha avuto la possibilità ed il tempo di navigare in rete ha potuto ascoltare voci critiche e conoscere un’altra verità su una dura vertenza che, da un anno, vede i dipendenti di Roma Capitale (ed i vigili urbani quale categoria di punta sindacalizzata insieme ai lavoratori ed alle lavoratrici degli asili e scuole comunali) contrapporsi ad un inaudito disegno restauratore che punta a disintegrare ogni tutela sindacale per oltre 24000 lavoratori.
I fatti: partendo da un documento del MEF, che richiamava il Comune di Roma sulle eccessive spese e metteva solo al quarto posto, presunti eccessivi costi per gli stipendi del personale (dopo il buco di bilancio delle aziende di trasporto e della nettezza urbane, interessate, tra l’altro dalle assunzioni “nominali” e senza concorso fatte dalla precedente giunta Alemanno, dopo l’eccessivo e costoso numero di consulenze esterne, gli alti stipendi dei dirigenti e la scarsa chiarezza su diversi appalti), il Sindaco Marino dichiarava sostanzialmente superato il Contratto Decentrato in vigore (unico strumento di recupero del salario accessorio, visto il blocco del contratto nazionale, scaduto da tre anni e prorogato dal governo Renzi per tutto il 2015) e convocava le organizzazioni sindacali per trattare un nuovo contratto decentrato. Ai sindacati veniva presentato una bozza che tutte le organizzazioni sindacali (i sindacati confederali, ma anche quelli di base e quelli autonomi, fino all’UGL), consideravano sconclusionato ed irricevibile, con sostanziali tagli in media del 30% del salario totale e che risultava impraticabile anche a giudizio dei presentatori dello stesso documento del MEF, che si affrettava a chiedere chiarimenti. Le criticità maggiori riguardavano proprio i settori con maggior peso contrattuale e maggiormente sindacalizzati: la polizia locale e le scuole. I vigili in particolare, risultano essere la categoria più sindacalizzata: il 75% di loro è iscritto ad un sindacato e circa il 60% sono iscritti ai sindacati confederali e pur essendo solo un quarto dei del totale dei dipendenti comunali, esprimono la maggioranza assoluta degli eletti alle RSU.
La vertenza andava avanti con momenti di presunta apertura al dialogo da parte dell’Amministrazione comunale, seguiti regolarmente, da atteggiamenti di totale chiusura, apparentemente inspiegabili. Il tavolo di trattativa saltava per venire riconvocato diverse volte. Nel mese di giugno vengono proclamate diverse iniziative di sciopero. Una dell’USB, una dei sindacati autonomi ed una di CGIL-CISL-UIL. Quest’ultima vede un adesione del 82% dei dipendenti, con un’imponente manifestazione che vede la partecipazione di 10000 lavoratori (reali!) e riempie per ore piazza del Campidoglio. La risposta dell’Amministrazione comunale è rabbiosa. Il sindaco fissa al 31 luglio la data finale entro la quale trovare l’accordo, ma nei fatti, si limita a riproporre, ostinatamente, il suo inapplicabile progetto e il giorno dopo fa approvare dalla Giunta il nuovo Contratto Decentrato. un contratto UNILATERALE, non firmato da nessuna sigla sindacale (lo stesso Marchionne, col suo famigerato contratto-capestro alla FIAT era riuscito a fare di meglio). Un atto gravissimo che non ha precedenti nella storia dell’Italia repubblicana, forse in quella repubblichina. Continuano le agitazioni, le assemblee, uno sciopero di categoria viene fatto confluire nello sciopero generale di CGIL e UIL del mese scorso. L’unica concessione di Marino è lo spostamento dell’entrata in vigore del contratto dal 1 dicembre al 1 gennaio, dopo una riuscita fiaccolata che ha visto, il 21 novembre almeno 5000 lavoratori comunali, sfilare di sera per il centro della città.
A tutto questo si deve aggiungere la sostituzione, voluta da Marino (secondo altri voluta da Nieri) del precedente comandante dei vigili, espressione della nomenklatura interna al corpo stesso, con Raffaele Clemente, dirigente proveniente dalla Polizia di Stato. Il feeling tra il nuovo comandante ed i suoi sottoposti non è mai sbocciato e certo non hanno contribuito a favorire il clima i trasferimenti forzati iniziati da Clemente a causa della cosiddetta “emergenza corruzione”. Nonostante secondo alcune statistiche, gli episodi di corruzione interessino meno del 5% degli appartenenti alla polizia municipale, funzionari integerrimi che in anni e anni di servizio non avevano ricevuto nemmeno una censura si sono visti, dopo la solita campagna mediatica sulla necessità di cambiamento, sbattere da una parte all’altra della città, da Monteverde ai Parioli, da Corviale al Tiburtino, dalla Cassia a Centocelle (e chi conosce un pochino Roma, le sue dimensioni ed i suoi servizi pubblici, può ben capire quale stravolgimento significhi questo nella vita quotidiana di un lavoratore)e, a maggior beffa questo avveniva quando il responsabile dell’authority del Comune di Roma contro la corruzione, veniva messo agli arresti domiciliari per il suo coinvolgimento nell’inchiesta di Mafia Capitale. I sindacati, su questo proponevano una mediazione, con la rotazione interna degli incarichi e trasferimenti solo ai gruppi municipali territorialmente limitrofi. Inascoltati.
La serata del capodanno ha significato la precipitazione finale dello scontro in atto. Dopo l’ennesima rottura delle trattative, il 15 dicembre i sindacati, non potendo proclamare scioperi a causa delle ristrettezze a tale diritto, previste dalle leggi sulla regolamentazione sulle agitazioni sindacali nel pubblico impiego, proclamavano il blocco degli straordinari (che non sono obbligatori, ma che vengono ampiamente utilizzati dall’amministrazione in caso di grandi eventi, vista la cronica carenza di organico nella polizia locale – 5900 addetti contro gli oltre 9000 previsti dalla legge e gli 8300 previsti dalla pianta organica e visto il blocco operato dallo stesso Marino del concorso assunzionale da oltre tre anni) ed invitano i lavoratori all’applicazione pedissequa del regolamento del Corpo.
Il 19 dicembre tutti i sindacati dei vigili indicono (nei tempi e nei modi corretti) un’assemblea generale dei vigili che si dovrebbe svolgere proprio la notte di capodanno. Contrariamente a quanto accaduto qualche settimana prima a Milano, dove i “ghisa” hanno regolarmente svolto un’assemblea sindacale in contemporanea al derby calcistico Milan-Inter (e sono stati convocati dal sindaco Pisapia il giorno dopo, per giungere ad un accordo), il garante della commissione di controllo sugli scioperi ed il Prefetto di Roma interpellati dal comandante e dal vicesindaco dicono sostanzialmente che l vigili la loro assemblea non la possono tenere. Segue un minaccioso comunicato del comando del Corpo, che partendo da questa presa di posizione, minaccia di sanzioni disciplinari, amministrative e penali gli agenti che in servizio ordinario (i soli che avrebbero potuto partecipare all’assemblea, ovviamente non avrebbero potuto farlo quelli che avessero aderito allo straordinario). I sindacati tutti, responsabilmente, decidono di rinviare l’assemblea.
Il 29 dicembre, il comando del Corpo si accorge improvvisamente (in realtà lo sapevano almeno dal 23, data di scadenza per l’adesione al progetto dello straordinario) e stravolge tutti gli orari di servizio (illegittimamente, secondo il contratto vecchio ancora in vigore) dei vigili in servizio ordinario il 31, spostando centinaia di vigili in servizio di mattina o di pomeriggio il 31 ed il giorno dopo in orario serale e notturno. Inoltre chiama in servizio con l’istituto della “Pronta Reperibilità” (che si era usato finora solo in caso di calamità naturali o di emergenza come neve, esondazione del Tevere, terremoti o blackout) anche numerosi vigili che, in ferie o di riposo, erano già seduti a tavola per il tradizionale cenone e nel fare questo utilizza liste non aggiornate, chiamando anche vigili in pensione, trasferiti ad altri comuni o addirittura deceduti e che finiscono per ingrossare le fila e le percentuali dei dichiarati assenteisti. Ma in questo caso non c’era l’intervento di alcuna autorità che richiamasse all’ordine gli amministratori comunali.
In tutta questa vicenda, si distingueva particolarmente il Vice sindaco Luigi Nieri, esponente di Sinistra Ecologia e Libertà, che giocava la parte del “Padrone delle Ferriere”, assumendo un atteggiamento di forte chiusura nei confronti di qualsiasi richiesta sindacale (anche di fronte ad aperture parziali del sindaco) e addirittura si recava in alcuni posti di lavoro invitando i dipendenti a non credere alle affermazioni sindacali e celebrando la bontà del Contratto decentrato unilaterale. Tale comportamento finiva, negli ultimi giorni, per provocare una profonda spaccatura in SEL romana. Dopo forti proteste dei dipendenti comunali iscritti a SEl, quello che era considerato il braccio destro di Nieri, Gianluca Peciola, pubblicava un comunicato di appoggio alla lotta dei lavoratori e critico nei confronti dell’Amministrazione della quale SEL è parte integrante.
I vigili e gli altri dipendenti comunali, dal canto loro proseguono nelle mobilitazioni, con un percorso di assemblee e scioperi di settore che dovrebbero culminare in uno sciopero generale di tutto il personale di Roma Capitale ed un’altra grande manifestazione cittadina fino in Campidoglio.

LE FORZE CIVICHE E DI SINISTRA DELLA CAMPANIA, UNITE, SFIDANO IL PD A VOLTARE PAGINA (ALTRO CHE PRIMARIE!) E RENDONO NOTO UN DOCUMENTO DI INTENTI POLITICI PER IL GOVERNO DELLA REGIONE.
Nel corso di un incontro tra le forze civiche di sinistra (fra le quali il Pcdi) e il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris è stata esaminata la situazione politica in vista delle prossime Elezioni Regionali esprimendo preoccupazione per il divario che si sta prospettando tra la discussione all’interno dei diversi schieramenti e la vita reale della popolazione campana.
La Campania necessita di un cambiamento profondo.
Le forze civiche di sinistra gli hanno sottoposto un documento di indirizzo politico per rompere questo stallo venutosi a creare e che il Sindaco ha condiviso.
Di seguito il testo:

Perché “Noi insieme“ per cambiare la Regione.

Noi insieme per dire che in Campania si può cambiare.
“ Noi insieme” per il lavoro, per il diritto al reddito e per giovani. Per battere la rassegnazione, per rinnovare la politica, per dare risposte concrete ai cittadini. Per trasformare questa Regione dopo il superamento delle Province e la costituzione dell’Area metropolitana, per costruire un progetto per la Campania.
“Noi insieme” con i cittadini.
In questi mesi, forze civiche e della sinistra hanno lavorato per costruire una forte unità tesa a realizzare una svolta nel governo della Campania; la nostra chiara piattaforma politica e programmatica è contenuta nel Manifesto per la Campania.
Oggi la disponibilità del Sindaco di Napoli a impegnarsi nelle prossima competizione per le elezioni regionali rafforza l’aggregazione delle forze disponibili a lanciare la sfida del cambiamento.
La Campania, come tutto il Mezzogiorno, soffre per gli effetti della lunga crisi in cui l’Italia è precipitata, ma i cinque anni di governo di Caldoro e del centrodestra hanno contribuito ad aggravare la situazione segnando in modo profondamente negativo la vita della nostra Regione.
Se la politica vuole davvero ritornare a rappresentare le istanze dei cittadini, servono un cambiamento e una discontinuità vera.
Il malgoverno della sanità, lo smantellamento delle politiche sociali, il mancato utilizzo dei fondi comunitari, l’aggravamento della grande emergenza del lavoro per i giovani, la mancanza di qualsiasi politica industriale, per l’agricoltura, per il turismo e i beni culturali , come pure la mancata tutela dei beni comuni, l’incapacità ad affrontare la grande questione ambientale (dai rifiuti, alla terra dei fuochi al dissesto idrogeologico, al mare); e ancora, una Regione dove si sono concretamente manifestati gli intrecci tra politica e malaffare, di più ancora, tra politica e camorra. Sono queste le concrete ragioni che ci sostengono nella convinzione che le prossime elezioni non possono essere affrontate con i vecchi rituali che sterilmente riproducono scontri di potere e contrapposizioni, ma che niente hanno a che vedere con i problemi concreti della gente.
La situazione delle famiglie, le tante vertenze industriali aperte, la mancanza di futuro per i giovani, ci dicono che la disperazione sociale ha superato i livelli di guardia, ed è per questo che serve un’alleanza di forze che stimoli una nuova partecipazione, il coinvolgimento di movimenti, associazioni, competenze, che sia capace di innescare la volontà di trasformare i sentimenti di rabbia, la voglia di disertare il voto, in una energia straordinaria per fare e per cambiare.
La Campania in vista delle prossime elezioni appare ferma anche dal punto di vista del confronto sui programmi , sulle coalizioni, sui candidati a Presidente: da una parte Caldoro, travolto dalla crisi del centrodestra, dagli scandali, dagli scarsi risultati ottenuti nei suoi 5 anni di governo, sta provando a nascondere questa condizione di debolezza con un po’ di propaganda e distribuendo risorse a pioggia; dall’altra, il PD appare inadeguato a smuovere questa situazione, non solo per l’opposizione poco credibile e incisiva di questi anni, ma anche perché paralizzato da uno scontro interno, come dimostra la vicenda dello slittamento delle primarie.
“Noi insieme” per queste ragioni non solo da tempo abbiamo deciso di non partecipare alle primarie, ma siamo preoccupati per l’uso che si sta facendo di questo strumento.
Siamo convinti che sia necessario impegnarci per costruire quest’aggregazione di forze non solo per battere il centrodestra e Caldoro, ma anche per sfidare lo stesso PD a voltare pagina.
Continueremo a lavorare in autonomia, aprendo momenti di ascolto in primo luogo con il Movimento sindacale e con tutte le forze interessate, per definire il profilo politico e programmatico dell’alleanza della quale secondo noi la Campania ha bisogno.
Per queste ragioni, “Noi insieme” ravvisiamo la necessità di tenere entro fine gennaio un’assemblea pubblica per tirare un primo bilancio di questo lavoro.
Auspichiamo che questo confronto serva a costruire una forte unità di e tra tutte le forze del cambiamento. Noi lavoreremo fino all’ultimo perché si verifichino queste condizioni; ma siamo altresì determinati a continuare in piena autonomia, mettendo in campo, se sarà necessario, una proposta di alleanza, una piattaforma programmatica e un candidato Presidente capaci di aprire la prospettiva di un cambiamento vero per nostra regione.
Sel, Sim, Pcdi, Prc, Partito per il Lavoro, Associazione Ricostruzione Democratica

PD E MEDIOCRITA’ POLITICA.
di Raffaele Piu
L’uomo per sua natura è un essere politico, deve fare politica e partecipare all’organizzazione del Paese. Non sempre è cosi, piuttosto che partecipare, si limita a delegare altri che lo rappresentano. Questo accade nella formazione di un partito, ma anche del Governo del Paese. Oggi al Governo c’è un partito a noi ben noto, il PD. pdintmarkQuesto partito esprime il presidente del consiglio e la maggioranza dei ministri, come presidente del consiglio c’è il segretario del PD, cosa molto strana e condizionante per le scelte di Governo. La politica portata avanti dalla segreteria del PD è sconcertante, dirigenti o ministri del PD non perdono occasione per attaccare quanti osano contestare sia le scelte del Governo sia la politica della segreteria PD. Cosa può significare questo comportamento? Una cosa sola: la mediocrità dei componenti del Governo e della segreteria del PD, persone del tutto inadatte per portare avanti sia il governo del Paese che la politica del partito. Il segretario Renzi sta dimostrando tutta la sua incapacità per governare il Paese, esso si è arroccato in una posizione di comando e non sente ragione di accettare modifiche ad alcune cose che in tanti nel Paese ritengono, sbagliate, una fra le tante è lo job’s act, questa legge contestata dai sindacati e approvata in Parlamento è votata persino da parlamentari che una volta erano sindacalisti. Oggi assistiamo quasi increduli alla degenerazione della politica, sia nel PD sia nella componente di Governo, degenerazione che porta la politica alla mediocrità e quindi ad un sistema dove impera la corruzione. C’è da porsi una domanda: perché il PD è caduto cosi in basso? La risposta non è difficile, perché tutto il gruppo della direzione del partito rende cieca obbedienza al suo segretario. Non è l’obbedienza che porta a migliorarsi, ma la diversità di pensiero, oggi nel PD va avanti la politica del mono pensiero e cioè quello del suo segretario, chi non si adegua o è allontanato oppure è deriso. Possiamo considerare il PD, un partito democratico? Secondo me no, non possiamo considerare l’attuale PD, un partito democratico, piuttosto dobbiamo ammettere che oggi è un partito dove regna la linea del pensiero unico, quindi, obbedienza o isolamento. Le caratteristiche di un simile partito porta a snaturare la politica e al fallimento del paese e dello stesso partito. Per sostenere il ciarlatano presidente del consiglio e segretario del PD si sono messi in gioco personaggi ben noti nell’industria e nella finanza, come ben sapete. Rimane da capire come mai persone di questo rango si sono schierate per difendere le vergognose riforme portate avanti dal ciarlatano e dalla sua banda di dilettanti allo sbaraglio. Questo devono chiederselo soprattutto i lavoratori che osannano il ciarlatano, sostenendo le porcherie che vengono portate avanti da questo Governo. Vorrei scrivere alcune riforme necessarie a questo Paese, ma è difficile spiegare cose complesse in poco spazio. Una cosa è necessaria fare, non mollare e continuare a contestare questo PD e il suo segretario con la sua banda di dilettanti allo sbaraglio. Un augurio di speranza per un futuro migliore e che possiate passare tutti un buon Natale e un felice anno nuovo.

L’ANPI, L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI PARTIGIANI, HA PROMOSSO CON ALCUNE PERSONALITA’ E CON LA PARTECIPAZIONE DI NUMEROSE ASSOCIAZIONI NAZIONALI, UN OSSERVATORIO SULLA MATERIA DELLE RIFORME COSTITUZIONALI, DELLA LEGGE ELETTORALE E DELLA RAPPRESENTANZA DEI CITTADINI. L’OSSERVATORIO E’, NATURALMENTE, AL DI SOPRA DELLE PARTI E SI PONE A DIFESA DELLA COSTITUZIONE. PER QUESTI MOTIVI, ESSENDO LIBERA L’ADESIONE, MAURIZIO AVERSA, CON UNA NOTA INVIATA AL PRESIDENTE CARLO SMURAGLIA, HA RESO NOTO DI ADERIRE FATTIVAMENTE.

(QUESTO CHE SEGUE IL DOCUMENTO DI COSTITUZIONE DELL’OSSERVATORIO)costituzione

Su richiesta di diverse Associazioni ed a seguito di una immediata manifestazione di disponibilità da parte della Presidenza dell’ANPI, si è costituito – il 10 dicembre – presso la sede nazionale dell’ANPI, in Roma, un “Osservatorio” sulla materia delle riforme costituzionali, della legge elettorale e della rappresentanza dei cittadini, con la presenza di numerosi rappresentanti di Associazioni e di diversi soggetti, partecipanti a

Carlo Smuraglia, presidente Anpi nazionale

Carlo Smuraglia, presidente Anpi nazionale

titolo personale. E’ stata chiarita, anzitutto, la ragione della scelta di creare un ”Osservatorio” presso l’ANPI, nel senso che i promotori ed i presenti hanno concordato sul valore anche simbolico di ritrovarsi in una sede in cui i valori ed i princìpi costituzionali sono al primo posto, non solo per la tradizione storica dell’Associazione, ma anche perché essi fanno parte delle stesse indicazioni statutarie dell’ANPI, che naturalmente non pretende di avere l’esclusiva in materia, ma la considera tra le più rilevanti delle proprie finalità ed è dunque la sede più idonea a costituire un punto di incontro per tutti coloro che assumono come bussola i valori della Costituzione.
Maurizio Aversa, segretario dei Comunisti Italiani

Maurizio Aversa, segretario dei Comunisti Italiani


In secondo luogo, si è cercato di precisare i contenuti, le finalità, e le modalità di azione dell’”Osservatorio”, concordando che gli aspetti “organizzativi” saranno meglio definiti in prosieguo, anche in via sperimentale, partendo peraltro dal presupposto della necessità di disporre, per quanti credono nei valori della Costituzione e della coerenza interna delle scelte in essa espressa, di una sede di ricerca, di confronto, di riflessione e, occorrendo, di iniziative, che attualmente manca, con la conseguenza che ciascuno assume le posizioni che ritiene giuste e opportune, ma, senza un valido e continuo confronto e senza un coordinamento con altre posizioni, riflessioni ed iniziative.
D’altronde, è stato rilevato da tutti, che la riforma del Senato, così come quella della legge elettorale stanno procedendo in modo discontinuo, anche con improvvise accelerazioni, mentre gran parte dei cittadini è distratta da altre vicende, assai rilevanti in un periodo di grave crisi economica, politica e morale, e poco si conosce di quanto sta avvenendo nel contesto istituzionale. Da ciò la necessità non solo di fornire informazioni precise, ma anche di approfondire le delicate e complesse questioni in discussione, anche al fine di assumere posizioni precise e, per quanto possibile, concordanti. Convinzione comune e diffusa, dei partecipanti alla riunione e degli aderenti, è che siano in gioco problemi di portata rilevantissima, che riguardano in definitiva e prima di ogni altra cosa, gli spazi di democrazia di cui devono godere i cittadini e le stesse modalità e possibilità di esercizio della sovranità popolare.
All’”Osservatorio” hanno dato finora la propria adesione Associazioni come: Associazione per la democrazia Costituzionale, i Comitati Dossetti, La rete per la Costituzione, Art. 21, Magistratura democratica, Iniziativa 21 giugno (Lib Lab), l’Associazione Giuristi democratici, l’Associazione per il rinnovamento della sinistra, il Manifesto in rete, “Agire politicamente” (coordinamento cristiano democratico). C’è la disponibilità manifestata dalla CGIL, particolarmente in relazione alla legge elettorale; aderiscono – fra l’altro – diversi componenti della presidenza di Libertà e Giustizia, a partire dal prof Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Costanza Firrao, Sandro Materia; costituzionalisti come il prof. Villone, il prof. Azzariti e il prof. Pace, studiosi e personalità come Nadia Urbinati, Corrado Stajano, l’avv. Antonio Caputo, difensore civico del Piemonte, Raniero La Valle , Francesco Baicchi, Alfiero Grandi, Domenico Gallo, Carlo De Chiara, Anna Falcone, Felice Besostri, Vincenzo Vita, Valdo Spini (Presidente Fondazione Rosselli) e molti altri, non meno significativi, che sarebbe difficile elencare, in questa sede, oltre al Presidente nazionale dell’ANPI, prof. Carlo Smuraglia.
Molti degli aderenti erano presenti anche alla riunione del 10 dicembre; altri, non potendo materialmente intervenire, avevano comunque manifestato la loro adesione.
Il nuovo organismo,di cui verranno nel prosieguo meglio definiti gli aspetti organizzativi e le modalità d’incontro ed iniziativa, nasce dunque sotto i migliori auspici, rifiutando – come tale – qualunque collocazione e appartenenza politica e qualunque pregiudiziale a favore o contro ma concordando sulla assoluta necessità di operare nell’interesse del Paese, per difendere e valorizzare la Costituzione repubblicana e gli stessi fondamenti della democrazia.
Naturalmente si tratta di un organismo aperto all’adesione di quanti si riconoscono nei suoi obiettivi e nei valori di fondo cui si ispira.

FUNZIONALE ALLA POLITICA DI RENZI. FUNZIONALE AL RESTRINGIMENTO DEGLI SPAZI DI DEMOCRAZIA (VEDI ASTENSIONISMO DILAGANTE). IN QUESTO ALVEO C’E’ L’ASSASSINIO POLITICO DE L’UNITA’!
(Il pensiero reale sarebbe: o ti adegui alla mordacchia, o sei morto)

Riportiamo di seguito la cronaca (Ansa) della giornata di discussione alla Camera promossa dal Comitato di Redazione de L’Unità:
Il Cdr dell’Unità: “Il tempo stringe, il Pd dia risposte”. Incontro a Montecitorio

lunità(ANSA) “Se abbiamo deciso di tenere questa iniziativa in questo luogo è perché la vicenda dell’Unità è sempre stata politica. Il Pd ha compiuto delle scelte e ci ha dato rassicurazioni, ora bisogna essere conseguenti”. E’ l’appello lanciato dal cdr dell’Unità, per bocca di Umberto De Giovannangeli, in un incontro a Montecitorio, organizzato a pochi giorni dalla scadenza del 30 novembre, data entro la quale l’editore Guido Veneziani dovrà presentare le garanzie necessarie per l’accettazione dell’offerta che dovrebbe consentire il ritorno del quotidiano in edicola, a quattro mesi dalla sospensione delle pubblicazioni. La prima offerta di dieci milioni è stata ritenuta inidonea dai liquidatori. La nuova non dovrebbe discostarsi molto dalla precedente, ma dovrebbe essere accompagnata da una fidejussione bancaria a garanzia dell’acquisto della testata, che dovrebbe avvenire dopo una fase di affitto. L’operazione dovrebbe perfezionarsi con la costituzione di una newco a cui parteciperebbe con una quota minoritaria la Fondazione EYU che già ha rilevato la testata online Europa. La vecchia società editrice, la Nie, verrà invece liquidata. Solidarietà ai lavoratori è arrivata dal presidente della Camera, Laura Boldrini. “Mi auguro – ha detto in un messaggio – che venga definita in tempi rapidi un’offerta capace di far ripartire con nuovo impulso il giornale e di ridare lavoro a coloro che in questi anni ne hanno fatto la storia”. In sala diversi esponenti del Pd, sia dell’ala renziana che della sinistra del partito. Stefano Fassina ha annunciato che ci sarà un contributo dei parlamentari a favore dei poligrafici del giornale, senza stipendio, né cassa integrazione da febbraio. Cesare Damiano ha invece garantito che la commissione Lavoro della Camera si occuperà “della scandalosa situazione dell’assenza della cassa di integrazione che e del pagamento degli stipendi arretrati”. Alessia Rotta, membro della segreteria del partito, ha invitato a mettere al centro del futuro del giornale “la questione valoriale”. “Le nostre richieste sono fondate su due pilastri – ha spiegato l’altro membro del cdr Bianca Di Giovanni -: da un lato garanzie occupazionali, e per questo chiediamo al Pd un impegno scritto che consideri la redazione dell’Unità come il bacino privilegiato per le nuove assunzioni, e dall’altro il rispetto dell’identità del giornale”. L’offerta di Veneziani, editore di riviste di gossip e attualità come Stop e Visto, è stata oggetto di critiche perché ritenuta incompatibile con la storia dell’Unità. Qualche giorno fa su Libero è uscito un articolo a firma di Franco Bechis dal titolo: “Pornodive e veline future colleghe dell’Unità. Da Gramsci a Eva Henger”. “E’ un accostamento vergognoso e ignobile – ha affermato De Giovannangeli -. Per avere un spazio di mercato sarà necessario muoversi nel mondo di riferimento dell’Unità”. Al tavolo, oltre all’altro membro del cdr Simone Collini, anche Gianpaolo Gozzi della Fnsi e Paolo Butturini, segretario della Stampa Romana. “Dieci milioni è una cifra importante per un editore privato – ha affermato il primo -. Non è possibile fare business con un giornale orientato, che può rimanere sul mercato (e non è poco) con i conti in equilibrio. Ben venga l’offerta di Veneziani, ma deve essere un’offerta seria nel rispetto dei lavoratori e del ruolo della testata”. “Quella dell’Unità è una piccola storia ignobile con killer di una storica che andrebbero individuati – ha sostenuto Butturini -. Penso che l’Unità potrebbe essere un modello di business e sviluppo. Il punto è non farne una questione assistenziale, ma avere una proposta editoriale vera”. (ANSA, 27 novembre 2014)

La lista “La Sinistra – Per cambiare la Calabria con Speranza” sostiene la candidatura a Presidente della regione dell’on. Mario Oliverio.

“La Sinistra” nasce da un’aggregazione composta da Sel, dai Comunisti Italiani, da Idv e da tutta una serie di importanti associazioni e movimenti impegnati nei territori calabresi.
Durante la conferenza stampa è stato fortemente sottolineato l’importante aspetto politico relativo al fatto che la lista “La Sinistra” rappresenta, finalmente, un concreto e tangibile segnale di forte unità e coesione della Sinistra calabrese.

Presentazione lista La Sinistra per le regionali di Calabria (insieme Pdci, Sel movimenti etc.)

Presentazione lista La Sinistra per le regionali di Calabria (insieme Pdci, Sel movimenti etc.)

Infatti, dopo varie peripezie e tragici errori, finalmente, la Sinistra è unita e punta ad essere determinante e utile nel prossimo governo regionale del Presidente Oliverio che dovrà spazzare via il drammatico quadriennio della gestione Scopelliti che ha distrutto la Calabria e i calabresi.
Ha introdotto i lavori Michelangelo Tripodi, segretario regionale del Pdci, il quale ha ripercorso le tappe che hanno portato all’unità della Sinistra calabrese e, contestualmente, ha elencato una serie di emergenze, a partire dalla sanità e dal dramma della disoccupazione, che attanagliano la Calabria.
Una Calabria che, a partire dai prossimi giorni, rischia di soffocare nella spazzatura a causa della mancanza e del fallimento di politiche sui rifiuti, al pari della totale distruzione delle regole riguardanti la difesa e la salvaguardia del territorio.
Sul tema della sanità, caratterizzata dall’enorme conflitto di interessi della presidente f.f. Stasi, un caso emblematico che grida vendetta è rappresentato dal Centro Cuore presso l’Ospedale Riuniti di Reggio Calabria, costruito grazie al finanziamento di 18 milioni di euro deliberato nel 2009 dalla giunta di centrosinistra, che da oltre tre anni è pronto, ma non è stato mai aperto e messo in funzione per le gravi e inequivocabili responsabilità di Scopelliti e della sua maggioranza. Insomma, una vergogna infinita che impatta pesantemente con la salute dei cittadini che sono costretti a compiere emigrazione sanitaria con i noti viaggi della speranza.
E’ successivamente intervenuto l’avv. Lorenzo Fascì, candidato al Consiglio regionale nella circoscrizione di Reggio Calabria, il quale ha spiegato i motivi della sua candidatura che vuole rappresentare una risposta di Sinistra alle tantissime emergenze e drammaticità che attanagliano la Calabria.
Il tema della legalità e della lotta alla ‘ndrangheta rappresenta il primo punto dirimente che si deve affrontare per recidere le tante contiguità tra le cosche e la mala-politica che hanno ridotto l’ultimo Consiglio regionale ad essere totalmente delegittimato.
Contestualmente, ha affermato l’avv. Fascì, si dovrà operare per ridare fiducia ai calabresi che sono esausti di pagare tariffe e imposte regionali senza ricevere alcun servizio degno di tale nome. Vi è la necessità di abbattere i costi della sanità per i cittadini, specie per le classi meno abbienti, attraverso meccanismi di esenzione e salvaguardia per i più deboli.
Ambiente, rifiuti, difesa del territorio, agricoltura, turismo e investimento sui giovani calabresi sono priorità che dovranno caratterizzare il nuovo governo regionale.
In questo quadro, la città e la provincia di Reggio dovranno avere un ruolo strategico e centrale, non a parole come avvenuto nella tragica “era Scopelliti”, nella futura regione del centrosinistra, nella quale la lista “La Sinistra” sarà certamente una parte utile e fondamentale per la Calabria e i calabresi.

L’Ufficio stampa della Lista Cambiare la Calabria

VLADIMIRO GIACCHE’: SARA’ ANCORA PEGGIO SUL VERSANTE OCCUPAZIONE SE NON CI SARA’ INVERSIONE DI TENDENZA DELLA POLITICA ECONOMICA DEL GOVERNO. I LAVORATORI, LE FAMIGLIE, L’APPARATO PRODUTTIVO STARA’ MOLTO PEGGIO DI ORA!

Vladimiro Giacchè, economista marxista del Pdci

Vladimiro Giacchè, economista marxista del Pdci

(liberazione.it | Autore: Fabio Sebastiani)
L’Italia non si sblocca dalla recessione mentre gli altri paesi, stando ai numeri, sembra abbiano imboccato una strada per uscire. Quali conseguenze?
Più ancora della differenza tra noi e gli altri è imporante vedere la differenza tra noi oggi e come eravamo qualche anno fa. A fine anno avremo perso 8,5 punti di prodotto rispetto a prima della crisi. E’ un risultato peggiore rispetto alla crisi del ‘29, dove dopo sei anni si era agli stessi livelli dell’anno di partenza. La produzione ha perso il 23%, e c’è stata una caduta degli investimenti catastrofica, con 31% in meno nel settore industria e -28% nelle costruzioni. Intanto, per i consumi arriviamo a un meno sette e mezzo. Questa è la situazione, tutto il resto sono chiacchiere. Tutto questo, a valle di una situazione in cui, per esempio, i redditi non crescevano già prima. In termini reali, la stagnazione dei redditi è dal ’92 ma con la crisi anche in termini nominali. Prima ancora di vedere come stanno gli altri, quindi, che stanno quasi tutti meglio, si tratta di capire noi cosa facciamo.

Ma paghiamo o no una tassa in più per come stiamo affrontando la crisi rispetto agli altri?
C’è una ristrutturazione pesante nel settore manifatturiero ma nel nostro caso la distruzione di capitale è stata più forte di quanto era necesario. A causa delle manovre di austerity lo stabilizzatore keynesiano ha girato nella parte sbaglata peggiorando la crescita reale e anche quella potenziale. Ed è qui che dobbiamo riflettere a fondo. Noi stiamo certamente distruggendo capacità produttiva con gioia di qualche concorrente europeo. E la capacità produttiva non è facile riscostruirla.

E per questo che la crescita anche fosse dell’1% non avrà alcun effetto sulla disoccupazione?
La caduta dell’occupazione rispetto ai dati che ho citato prima è probabilmente più bassa. C’è addirittura margine per altra caduta dell’occuapzione. E’ evidente, che quando si è perso l’8,5% che poi si riprenad a lo 0.5% non si recupera certo sul piano occupazionale. E poi c’è un problema di struttura. Non puoi lavorare su questi dati con aggiustamenti di piccola portata. Non puoi pensare che con le limate su Irpef e Imu vai da qualche parte. Siamo di fronte a un delirio surrealistico. L’idea che levi la micropatrimoniale e la trasformi in una tassa per gli inquilini è una follia. Rispetto a questo stiamo parlando di un altro tema.

E invece qual è il tema?
Abbiamo vissuto con la cessione del debito pubblico che è una derivata di tutto il discorso sull’economia e la ripresa, e non certamente un tema di politica economica. Stiamo andando a sbattere contro gli scogli mentre guardiamo da un’altra parte.

E cosa servirebbe invece?
Politiche molto energiche per salvaguardare i settori industriali fondamentali. Non posiamo perdere l’acciaio e altri settori importnati. E’ del tutto evidente che il mercato da solo ha dinamiche distruttive. Un forte e qualificato intervento pubblico e quando serve anche la requisizione, consentita da codici e costituzione. Più in generale, un’idea della programmazione dello sviluppo. Far ripartire il credito alle imprese, per esempio, con una banca pubblica per il credito a medio e lungo termine. A quel punto si possono usare anche i risparmi dei cittadini.

Volevo tornare alla domanda iniziale per capire se questo scarto di cui dicevamo ha una qualche attinenza con la divisione internazionale della produzione.
La distruzione di capacità produttiva è pilotata da una parte dell’Europa, la stessa che, in questo modo, tutela la propria capacità produttiva. Qui in Europa è successo che, complici le questioni valutarie e la deflazione salariale tedesca, la Germania sia diventata una macchina mercantilista perfetta non per esportare in Cina ma dentro l’Europa. Questa dinamica ci costringe alla deflazione salariale che di fatto comprime la crescita attraverso la mancata ripresa dei consumi. L’agenda la dobbiamo decidere noi e non qualcun altro. Tema degli interessi nazionali e dei ceti più deboli. Chiudere quindi la fase dei compiti a casa. Erano quelli sbagliati e ora è venuto il momento di decidere il nostro destino cominciando con il salvaguardare l’occupazione.

Manuela Palermi

Manuela Palermi

MANUELA PALERMI SU EXPO:
“Per Expo non occupazione ma sfruttamento”

“Le modalità di assunzioni per Expo sono vergognose. Ulteriore flessibilità, e cioè la solita politica che dagli anni 80 ad oggi ha portato l’Italia a livelli insopportabili di disoccupazione”. E’ quanto afferma Manuela Palermi, esponente Pdci. “E’ impressionante sentire che Letta la considera una straordinaria opportunità per nuove regole nel mercato del lavoro. Sapere che nel 2015 all’Expo i lavoratori saranno per l’80% con contratti a termine e con salari da fame è una lesione vergognosa dei contratti e delle leggi sul lavoro. Questa non è occupazione, è sfruttamento. Cosa fanno Sel e il M5S, che dovrebbero rappresentare l’opposizione parlamentare? E i sindacati continueranno ancora per molto a tacere?”

Manuela Palermi

Manuela Palermi

MANUELA PALERMI SU DECRETO FARE:
“Al DL Fare non toccati stipendi manager pubblici”

“Sono anni che il parlamento tenta, senza mai riuscirci, di mettere un tetto agli stipendi dei manager pubblici. Anni durante i quali s’e’ cancellata la scala mobile, abbassati salari e retribuzioni, precarizzato tutto il lavoro,
tolti diritti e liberta’ sindacali, fatte le controriforme del lavoro e delle pensioni… Un attivismo che non ci si crede. Ma gli stipendi dei manager pubblici, vergognosamente alti, quelli non li tocca nessuno”. Lo scrive Manuela Palermi, esponente Pdci, sul suo profilo facebook.

IL BOIA PRIEBKE HA CENTO ANNI: che vada all’inferno!
ANPI Roma: no a festeggiamenti per i 100 anni del criminale nazista Priebke

“Un criminale di guerra non può essere festeggiato, alla memoria delle vittime del nazifascismo non si può mai derogare”. E’ quanto afferma il Comitato Provinciale dell’ANPI di Roma nell’apprendere che il 29 luglio saranno festeggiati i 100 anni di Erich Priebke, il capitano delle SS che sta scontando l’ergastolo ai domiciliari per l’eccidio delle Fosse Ardeatine.

“La migliore risposta a chi vuole festeggiare il carnefice delle Fosse Ardeatine è l’adesione alla petizione on line “Vogliamo giustizia e verità sulle stragi nazifasciste” tramite il sito http://www.anpi.it.
Ci auguriamo che non si ripetano i festeggiamenti pubblici che Priebke ebbe per i suoi 90 anni. Le ragioni della giustizia e della verità storica non posso essere oscurate, dando la possibilità a personaggi noti di strumentalizzare politicamente il compleanno con l’intento di assolvere la barbarie nazifascista e screditare il ruolo e il significato che i partigiani ebbero nella Resistenza e nella nascita della Repubblica e della democrazia. Priebke rappresenta la responsabilità di tutte le stragi compiute in Italia, che hanno causato la morte di circa 15.000 persone. Nel 70° anniversario dell’inizio della Resistenza l’ANPI di Roma ricorda tutte le vittime del nazifascismo, ed esprime solidarietà alle famiglie dei Martiri, molte delle quali non hanno avuto giustizia. “
contro priebke

QUI SOTTO LA NOTIZIA RIPORTATA DALL’ANSA

(Ansa) Lunedì prossimo compirà 100 anni, ma se ci sarà una festa o una cena per pochi intimi non è dato sapersi, soprattutto per evitare polemiche e critiche così come accadde dieci anni fa quando venne organizzato un party in un agriturismo a Roma.
Nel frattempo Erich Priebke – condannato all’ergastolo per crimini di guerra per aver partecipato all’eccidio delle Fosse Ardeatine, dove vennero fucilate 335 persone – come ogni giorno, fa la sua solita passeggiata nel giardinetto sotto casa, accompagnato dalla sua nuova badante e dall’immancabile scorta.
Alla Balduina, quartiere romano dove l’ex ufficiale delle SS vive in regime di arresti domiciliari, è ormai di casa. Polo blu, pantalone beige, scarpe da ginnastica e cappellino bianco, ogni mattina Priebke scende dal portoncino di casa e passeggia per le strade del rione, dove è piuttosto conosciuto.
Intercettato dai fotografi, prova a nascondere il volto al teleobiettivo e dribbla le domande su dove e come festeggerà il compleanno.

Beppe Grillo e Marino Mastrangeli

Beppe Grillo e Marino Mastrangeli

(Ansa) M5S:Mastrangeli espulso,la rete vota
A favore l’88.8 per cento dei voti espressi
30 aprile, 18:30
M5S:Mastrangeli espulso,la rete vota (ANSA) – ROMA, 30 APR – L’88,8% ,pari a 17.177 voti, ha votato per l’espulsione del senatore M5S Marino Mastrangeli. Lo annuncia sul suo blog Beppe Grillo diffondendo i risultati delle votazioni on-line sull’espulsione del senatore.

maurizio aversa

maurizio aversa

commento di maurizio aversa
La rete è democratica? Tecnicamente si. La politica applicata alla rete, quando si discute non solo di scelte programmatiche, o di regole da rispettare, ma quando sono implicate l’umanità delle donne e degli uomini che hanno passioni, delle donne e degli uomini che in quanto essere umani fallibili possono commettere errori; tutto ciò come si evince in un post? Non credo che una pausa, un respiro/sospiro, uno sguardo che redarguisce o che invoca, un tono di voce sia così asettico come un post? Nella mia vita di attivista politica ho assistito alla radiazione di un dirigente iscritto. In quella assemblea, che l’aveva in precedenza eletto, c’era pathos. In quella affollatissima assemblea, da cui uscì espulso quel dirigente, ebbe l’occasione di chiedere scusa e rimase con lui, oltre la politica, un sano rapporto personale con moltissimi dei partecipanti che votarono la sua espulsione. Gli occhi pieni di pianto in più di una persona sono ancora lì, nella mia mente, nella mia esperienza che hanno formato il mio carattere del rispetto, della lealtà, della umanità. Mi chiedo questa anomia della rete, che si convoca col clik; si esprime con le emoticon; sentenzia con un doppio clik; al di là del merito della scelta; che cosa lascerà, per costruire domani – non solo nei rapporti umani ma anche nella sedimentazione di un comune sentire culturale e politico – una idea condivisa con passione in ognuno dei votanti che hanno partecipato alla decisione odierna? Non crederò a nessuno che mi dirà che l’emozione di questo clik lo accompagnerà oltre dodici ore dall’azione compiuta. Tra una email ricevuta, due inviate ed un post sul blog!
Nel merito poi, siamo al ridicolo. Perché è la rete di soli 48.000 mila iscritti che decide? Semmai dovrebbe essere la platea più ampia degli elettori. Oppure si restringe ai soli elettori della circoscrizione in cui l’espulso è stato precedentemente eletto (ha anche maggior significato politico diretto, se si vorrà chiedere a Mastrangeli di lasciare il seggio e non solo l’appartenenza al gruppo). O ancora si ancori la decisione al livello organizzativo che conosce non solo “l’imputazione” e la regola violata, ma anche la persona, quindi gli iscritti M5S di quella
L'emiciclo di Palazzo Madama, dove Mastrangeli abbandonerà il M5S e aderirà al gruppo misto del Senato

L’emiciclo di Palazzo Madama, dove Mastrangeli abbandonerà il M5S e aderirà al gruppo misto del Senato

circoscrizione. Invece, questa scelta vede il 40 percento dei partecipanti al voto: uno schiaffo in piena faccia alla partecipazione democratica della rete tanto decantata da M5S. In più la comminazione dell’espulsione è appoggiata dall’89% circa. Cioè ben oltre duemila partecipanti sono convinti della giustezza delle opinioni espresse da Mastrangeli. Ora, al di là della questione in ballo, se si alzano i toni tanto da cacciare qualcuno, che si vorranno inquisire anche i duemila? Oppure Mastrangeli avrà buon gioco per incanalarli all’abbandono della blogosferapolitica e portarli sulla terra degli umani?
…e siamo solo al secondo mese di vita della presenza di eletti parlamentari M5S: che altro ci mostreranno le prossime attività estemporanee degli eletti?

Luigi Nieri ad una iniziativa a S.Maria delle Mole- Marino

Luigi Nieri ad una iniziativa a S.Maria delle Mole- Marino

Lazio: Sel incita la sinistra ad assumersi responsabilità di governo

Sono prossime le indizioni delle elezioni politiche anticipate. E’ certa la consultazione regionale per eleggere un nuovo consiglio regionale dopo gli scandali associati alla gestione Polverini. A Roma c’è l’occasione di mandare non solo Alemanno, ma qualsiasi destra a casa. Di questi argomenti si fa carico il capogruppo alla regione Lazio di Sel, Luigi Nieri. Riproduciamo un articolo che Nieri ha scritto sul manifesto (ripubblicato anche da RomaRegione).
La sfida non è nei caminetti-On. Luigi Nieri (SEL)
ROMA- 9 dicembre 2012-«Ci sono due tipi di avventurieri – scrisse William Least Heat-Moon in Strade Blu, un classico della letteratura di viaggio – quelli che cercano l’avventura sul serio e quelli che sotto sotto sperano di non trovarla mai». Un pensiero che sembra sposarsi alla perfezione con il destino della sinistra del nostro Paese, tesa com’è da una parte a sostenere il cambiamento della società, dall’altra a fare i conti con processi e logiche che talvolta rischiano di arginare questa spinta al cambiamento. Le primarie del centrosinistra sono state un’occasione straordinaria di democrazia. Più di 3 milioni di persone non hanno solo indicato il proprio candidato alla guida della coalizione, ma hanno anche chiesto maggiori spazi di democrazia, trasparenza e partecipazione. Sarebbe un errore imperdonabile disperdere questo patrimonio di fiducia. Il centrosinistra deve avere il coraggio di farsi permeare dallo spirito delle primarie, a tutti i livelli e per qualsiasi decisione.
Sel esce dalle primarie con un’interessante affermazione e con il merito di aver spostato l’asse del confronto politico a sinistra. Il ruolo e l’importanza di Sel, d’altronde, emergono proprio quando più ampio è il confronto democratico. E’ accaduto a Milano, Cagliari, Rieti, Genova, in Puglia e in tante altre realtà italiane. Può accadere fra pochi mesi, quando si decideranno i rappresentanti del nuovo governo nazionale, di diverse Regioni, fra cui il Lazio, e di tante amministrazioni cittadine, compresa Roma. Sel deve anche qui, per il bene del centrosinistra, far emergere il proprio profilo innovativo e indipendente. In questi territori il centrodestra ha costruito un laboratorio politico. Un mix di populismo, neofascismo e rapporti con quei “poteri forti” che, dopo aver incassato provvedimenti come il Piano Casa regionale, in parte nuovamente impugnato dal governo nazionale, sembrano aver volto lo sguardo altrove, alla ricerca di nuovi interlocutori che consentano loro di mantenere intatto il controllo della città e della regione.
A questo disegno la sinistra ha il dovere di contrapporre il metodo della partecipazione. Non è più sufficiente riproporre “modelli Roma” o assetti calati dall’alto. Il Movimento 5 Stelle e le tante realtà politiche e associative che, anche a sinistra, cercano una soggettività autonoma, devono essere guardati con attenzione. La sinistra, in questo preciso momento storico, ha bisogno di ritrovare il suo popolo e non nuovi improbabili alleati. Non si può guardare con interesse chi ha governato con convinzione al fianco di Renata Poverini, anche se oggi cambia nome. La sinistra ha il dovere di giocarsi sino in fondo la partita, senza delegare ad altri le sue funzioni. Deve aprire se stessa al confronto e sfidare gli altri soggetti del centrosinistra alla guida delle città e delle regioni.
Il centrodestra regionale nel Lazio non è riuscito a far passare i propri progetti restauratori grazie proprio alla positiva azione dell’opposizione istituzionale e dei movimenti. Penso alla legge Tarzia o alla privatizzazione degli asili nido. O in Campidoglio dove opposizione, organizzazioni sindacali e movimenti hanno sconfitto l’arroganza di Gianni Alemanno e respinto il tentativo di privatizzazione dell’ Acea.
Sel è ormai una comunità consolidata e coesa. Anche a Roma e nel Lazio militanti, simpatizzanti, circoli, rappresentanti istituzionali, hanno condotto un lavoro prezioso di promozione di un’altra cultura politica. Un patrimonio che deve essere messo al servizio della città e della regione. Sono loro e le tante realtà sociali che vedono in questo partito un punto di riferimento, a dover decidere il ruolo di Sel anche nel nostro territorio. Abbiamo tutti il dovere di metterci al servizio di cittadini e militanti, trasferendo alla collettività i propri poteri. La stagione dei caminetti e dei tavoli chiusi è finita.
Il problema di Sel è sì vincere le elezioni, ma può farlo solo facendo tesoro degli errori commessi. Sarebbe fatale per il centrosinistra, in una fase economico sociale completamente cambiata, riproporre un “modello” che già allora ha espresso inadeguatezze. Basti pensare a quel Rutelli bis che ha consegnato Roma ad Alemanno.
Quando si accetta di affrontare un viaggio avventuroso, insomma, bisogna essere disposti a rinunciare ai comfort e a confrontarsi con i propri limiti. Altrimenti è meglio ammettere a se stessi, in tutta onestà, di aver rinunciato all’avventura.

DOPO IL VOTO IN SICILIA
Astensione e democrazia, un analisi del voto siciliano.
di Fulvio Lorefice e Claudio Tancredi Palma

ASTENSIONISMO

Il dato più significativo emerso dalle elezioni regionali siciliane è rappresentato dal tasso di partecipazione al voto (47,4%), di dodici punti inferiore rispetto alla tornata elettorale del 2006 . Le analisi di questi giorni tendono a spiegare una tale (e senza precedenti) astensione attraverso fenomeni macro, di valenza nazionale, quali la sfiducia diffusa nel ceto politico e la crisi di legittimazione dei principali partiti del sistema tradizionali. Occorre tuttavia essere cauti nel proiettare questo dato a livello nazionale, laddove la partecipazione è tradizionalmente più elevata, sottolineando il concorso di fattori endogeni che possono aver contribuito all’astensione. Da un lato, l’ipotesi del disimpegno dell’organizzazione mafiosa, con finalità di delegittimazione e destabilizzazione del quadro politico. Si vedano, in tal senso, le recenti dichiarazioni di Antonio Ingroia, il quale ha fatto esplicito riferimento ad un «gesto plateale di disimpegno elettorale nel mondo delle carceri, che è anche una minaccia per le future elezioni politiche». Risulta che nel carcere di Pagliarelli (Palermo), ad alta concentrazione di detenuti mafiosi, su 1282 reclusi non abbia votato nessuno, e un analogo comportamento è stato riscontrato in altri istituti penitenziari; dall’altro, il peculiare processo di destrutturazione del sistema partitico siciliano (molto vicino al concetto di atomizzazione coniato da Giovanni Sartori). Allo stato attuale, i sondaggi sembrano registrare una tendenza alla atomizzazione anche a livello nazionale, ma da qui alle elezioni politiche il quadro partitico può evolvere in diverse direzioni e giungere ad una nuova ricomposizione. Inoltre, come si vedrà oltre, sul voto siciliano hanno pesato ulteriori fattori «di contesto»: lo straordinario livello di preferenze registrate, la particolare distribuzione dei candidati, il non marginale tasso di errori da parte degli elettori, favorito da una normativa elettorale poco intellegibile. È necessaria, inoltre, una riflessione sulla base sociale del c.d. partito astensionista. I dati sulla partecipazione, infatti, sembrano evidenziare la persistenza di quel trend che vede le fasce sociali più deboli allontanarsi dall’ambito politico: i più istruiti e coloro che dispongono di maggiori risorse materiali tendono a partecipare in misura superiore rispetto agli altri, secondo un processo in cui inevitabilmente le diseguaglianze sostanziali tra gli individui si traducono in diseguaglianze politiche. Può essere indicativo, al riguardo, che il picco dell’astensione si sia registrato nelle zone di maggiore perifericità sociale ed elettorale, ovvero nelle piccole province della Sicilia centro-occidentale (v. Enna, Caltanissetta e Agrigento, con un’affluenza poco al di sopra del 41%)”. Più in particolare, si deve notare che nelle province maggiori il tasso di preferenze è risultato più elevato nei comuni periferici rispetto al capoluogo, mentre nelle province dell’entroterra è avvenuto il contrario (più partecipazione nel capoluogo, meno nelle zone periferiche). Sembra doveroso sottolineare, a margine, gli effetti prodotti da una normativa elettorale farraginosa e poco intellegibile. Il meccanismo del «doppio voto» (lista provinciale e lista regionale) è stato in alcuni casi male utilizzato dagli elettori, in quanto alcune coalizioni hanno presentato liste provinciali il cui nome o simbolo conteneva il riferimento al candidato presidente collegato (ad es., tra le altre, la lista provinciale «Crocetta presidente»).

ASCESA M5S

Strettamente collegata al problema dell’astensione, è l’ascesa del M5S, primo partito in Sicilia con appena il 14,9% dei consensi. In primo luogo il dato certifica, quantomeno con riferimento al territorio regionale siciliano, la destrutturazione del sistema partitico, ormai articolato in una pluralità di forze intermedie, un fattore che suggerisce peraltro l’esistenza di un significativo spazio di azione per le forze progressiste. Come anticipato, non è ancora dato sapere se questo processo di destrutturazione avanzerà e interesserà anche il sistema partitico nazionale. I flussi elettorali, inoltre, rivelano che il partito di Grillo ha, per un verso, assorbito una quota di area astensionista ed attratto voto di opinione – dall’analisi svolta dall’Istituto Cattaneo sui dati di Palermo, infatti, emerge che le percentuali di affluenza sono minori laddove il M5S ottiene maggiori consensi; per altro, il M5S ha sottratto consensi soprattutto alla variegata area di centro-sinistra – si v., in tal senso, anche i dati di FdS, Sel e Idv, che non raggiungono la soglia di sbarramento del 5% e restano dunque fuori dall’Ars. Anche quest’ultimo dato suggerisce l’esistenza di uno spazio a sinistra che i partiti «tradizionali» faticano ad occupare. In questo contesto, l’elevato tasso di astensione si dimostra ancora una volta decisivo per le sorti delle forze progressiste; se tale tendenza non si arresta, la fuga di consensi verso movimenti populisti, nati attorno a figure carismatiche, di natura anti-sistema ma, al contempo, non collocati sullo spettro destra-sinistra, rischia di raggiungere proporzioni straordinarie già nel breve-medio periodo. A tale riguardo, occorre considerare con molta attenzione le analisi dei dati relativi al comune di Palermo effettuate dall’Istituto Cattaneo, i quali evidenziano che l’area della sinistra cosiddetta radicale si è svuotata in favore non già del partito dell’astensione, bensì del candidato del M5S. Ci sono, tuttavia, delle eccezioni. Nel Comune di Catania, ad esempio, si è potuta registrare la significativa penetrazione del M5S nella realtà produttiva ST, nella quale 2200 lavoratori sono stati messi in cassa integrazione per il trimestre ottobre-dicembre. Se il dato può essere posto in linea di continuità con la già osservata penetrazione del movimento nelle fabbriche del nord, sembra potersi affermare che una non marginale quota di operai della ST (circa il 30%) ha votato la sinistra alternativa. Laddove, dunque, esistono insediamento ed iniziativa politica, la sinistra alternativa riesce a raccogliere un significativo livello di consenso nelle proprie aree di riferimento. Sempre i dati di Catania, inoltre, suggeriscono che la sinistra alternativa continua a scontare una pesante assenza nelle periferie popolari a prevalenza proletaria e sottoproletaria, che costituiscono per essa il bacino elettorale potenziale. È sufficiente evidenziare, al riguardo, che nella municipalità di Borgo Sanzio – che può considerarsi il centro medio-borghese della città – la sinistra alternativa raggiunge il 5,1% dei consensi. Si tratta dell’unica municipalità, peraltro, dove venne superato il quorum nei referendum sull’acqua ed il nucleare. Viceversa, nelle periferie a prevalenza proletaria e sottoproletaria, la sinistra alternativa ha ottenuto appena l’1,5%.

M5S E PREFERENZE

In Sicilia, lo strumento delle preferenze è tradizionalmente associato a dinamiche elettorali di tipo clientelare ed il suo utilizzo è stato storicamente significativo. Nel 2006 si è registrato il tasso dell’86,6%, mentre nel 2008 del 70,9%. Nell’ultima tornata il livello di preferenze è risalito all’83,5% e, nonostante la minore percentuale media, le liste del «vecchio» sistema partitico (Pd, Pdl, Udc, Partito dei siciliani-Mpa) hanno ricevuto, rispetto al 2006, un maggior numero di preferenze. Udc e Partito dei siciliani-Mpa, in particolare, si attestano attorno al 97% di preferenze, così come le nuove formazioni politiche Cantiere Popolare, Grande Sud, Fli . Sembrerebbe, dunque, confermata una salda tenuta delle logiche clientelari nel voto siciliano. Un’analisi a 360 gradi, tuttavia, deve mettere in relazione il dato sulle preferenze con quello sulla partecipazione. Infatti, il forte astensionismo e la pressoché totale scomparsa del voto di opinione, si associano fisiologicamente ad un tasso più elevato di preferenze. L’unica, parziale, eccezione è costituita dal M5S, il cui livello di preferenze (49,6%) per un verso contribuisce ad abbassare il dato medio, per altro evidenzia una costante crescita del movimento anche su questo fronte (+12 punti percentuali rispetto elezioni regionali del 2008). Alle elezioni amministrative del maggio 2012, il M5S aveva ricevuto uno scarso numero di preferenze nei grandi centri urbani (a Genova il 3.3%, a Parma il 14%, a Verona il 12%), con la significativa eccezione di Palermo (36,8%). Fino a pochi mesi fa, dunque, i candidati del M5S non riuscivano a trainare la propria lista, piuttosto avveniva il contrario. Il fenomeno può essere interpretato attraverso diversi elementi d’analisi. Da un lato, il metodo di selezione dei candidati nell’ambito dei c.d. meetup del M5S; dall’altra, in modo più significativo, la scelta di candidati conosciuti nel territorio e con trascorsi politici di rilievo (tra gli altri, può citarsi Angela Foti, fondatrice dell’Associazione Rifiuti Zero). Vi è, ancora, un elemento di novità: per la prima volta, il candidato all’organo monocratico (in questo caso, Cancelleri) ottiene più voti della lista di riferimento (+4,5%), mentre alle elezioni amministrative del 2012 (ancora Verona, Palermo, Parma e Genova) si era potuta apprezzare una perfetta simmetria tra percentuali dei candidati a sindaco e percentuale delle rispettive liste. La capacità di attrarre il voto disgiunto sul candidato presidente sembra suggerire che il movimento di Grillo inizia ad essere considerato anche una credibile forza di governo, non più solamente il rifugio della protesta.

LA FORMULA DI GOVERNO

La atomizzazione del sistema partitico ha posto, infine, il problema della costruzione di una maggioranza assembleare che sia in grado di sostenere il neo-presidente Rosario Crocetta (Pd), eletto con il 30,5% dei consensi. All’Assemblea regionale siciliana Crocetta può contare infatti sul voto di soli quaranta deputati: la maggioranza assoluta è invece a quarantasei. La formula governativa imperniata sull’alleanza tra Pd e Udc non è quindi sufficientemente solida, ragione per cui, sembra potersi dire, che la stabilizzazione dell’assetto politico possa passare dalla ricerca dell’eventuale appoggio delle formazioni politiche che fanno capo a Miccichè e Lombardo (Grande Sud e Partito dei siciliani-Mpa). È da ribadire che la formula governativa in costruzione in Sicilia è stata in qualche modo agevolata dagli errori tattici dei partiti della sinistra alternativa – la querelle sulla candidatura di Fava e la decisione dell’Idv di non presentare una lista unitaria con le altre forze – in assenza dei quali, con ogni probabilità, si sarebbero potuti determinare equilibri assembleari ben diversi schiudendo scenari politici inediti. Le elezioni siciliane dimostrano, inoltre, che le forze della sinistra alternativa, se prive di un profilo politico e programmatico chiaro, riescono a mantenere a fatica il proprio bacino elettorale di riferimento, e non attraggono consensi da quello che abbiamo definito il bacino elettorale potenziale (proletariato e sotto-proletariato), una cui parte rilevante sembra essersi rifugiata nell’eterogeneo partito dell’astensione.

CONSIDERAZIONI GENERALI

Il problema dell’astensionismo è in qualche misura immanente alla stessa ragione d’esistenza (e quindi alla tenuta) di quelle forze politiche che si concepiscono solo in ragione della rappresentanza delle fasce marginali della società. I tassi decrescenti della partecipazione in Italia sottendono quindi una progressiva ritirata di questi ceti dal politico, senza che in questa fase le forze della sinistra siano capaci di arrestare la tendenza. Su questo tema si interroghino tutti: se venisse a mancare il terreno della partecipazione politica, infatti, ogni orpello formale, ogni principio progressivo a cui la nostra Costituzione è improntata, sarebbe destinato a franare. La tenuta democratica di questo Paese, di fronte all’incedere della crisi e all’accelerazione del processo di accumulazione e distruzione di capitale, si intreccia quindi con la capacità delle forze della sinistra di alternativa di riuscire a riconquistare un proprio terreno di rappresentanza delle classi subalterne.

NO! Le scatole cinesi no!

ballarò, il quartiere di Palermo da cui trae origine il nome della nota trasmissione politica di Rai3

Ovvero l’autogol del Movimento per il cambiamento, intrugliato con il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

di maurizio aversa

Per estrema, puntuale, precisa e trasparente esposizione partiamo da quanto esprime ufficialmente sia il Movimento per il cambiamento (rappresentato in Consiglio Comunale a Marino, da Adolfo Tammaro), con il pensiero affidato a Gian Marco Onorati – uno dei responsabili della comunicazione del Movimento -; sia quanto illustra personalmente Cristiano Paris uno dei sostenitori del Movimento 5 Stelle – e nel Movimento per il cambiamento ce ne sono molti – . Lo facciamo ricorrendo allo strumento del link:

http://www.noicambiamo.it/giornale/editoriali/581-intervista-annullata-raitre

Svolta questa fedele ed autentica esposizione del punto di vista del Movimento rappresentato da Tammaro, vanno precisati svolgimento e percorso che hanno condotto tre liste civiche locali nascere e sostenere Tammaro sindaco, quindi ideare la nascita del Movimento per il Cambiamento come associazione a dicembre 2011, per giungere alla querelle di oggi. Ovvero, a quella che, in tal fatta ho definito autogol.

Dopo una preesistenza fatta di persone e gruppi dediti in modo molto efficace, e con grande spirito di abnegazione, al sostegno della comunità, sia in senso spirituale, che culturale che materiale, per lo più a Frattocchie, ma non solo; gran parte di questo gruppo di persone ha cominciato a ragionare su come dare un contributo alla comunità, ai cittadini, in modo più incisivo. Lì, anche sull’onda di una critica verso molte forze politiche locali che sembravano fare a gara a cacciare i cittadini dalla voglia di partecipare e di fare politica (ciritiche rivolte sia al PDL sia al PD), questo gruppo ha maturato la decisione di presentarsi alle elezioni comunali sulla scorta di un programma condiviso con la città. Adolfo TammaroSono così state allestite tre liste civiche, che ormai ovviamente non sono più soggetti di vita propria, ma semplicemente un riconoscersi in toto, una confluenza di fatto, nella linea di politica locale che assume in Consiglio comunale Adolfo Tammaro; così come è una confluenza di fatto l’attività che ne è seguita (giornale, sito web ecc.) imperniato sull’associazione Movimento per il Cambiamento.

Qui c’è un primo punto di critica, e di scontro dialettico che personalmente, a più riprese, in varie sedi, ho sempre condotto (rispettandolo) contro quello che oggi è diventato il Movimento per il Cambiamento. Ho sempre obiettato che esiste un discrimine tra “alcuni partiti fanno schifo e ci allontanano dalla politica”, e chi invece cominciava con “tutti i partiti fanno schifo, e, a seguire, la politica fa schifo”.

beppe grilloOra siamo giunti alla resa del nodo al pettine.

Infatti, per coloro che nel Movimento per il Cambiamento si riconoscono in Beppe Grillo e sostengono il Movimento 5 Stelle, ebbene a costoro, non saranno sfuggite due cose. Due cose degli ultimi giorni e delle ultime ore, che sono enormi come grattacieli:

  1. Beppe Grillo ha detto: si siamo un Partito. E se andiamo a votare siamo il partito che ha il 25%. Siamo il partito che andrà a Governare.
  2. Beppe Grillo ha detto, che pure se i partiti (gli altri, naturalmente, come faceva Bossi fino a qualche tempo fa…) fanno schifo ci si può dialogare. Infatti l’esponente di Parma dei grillini che è al ballottaggio, imbarazzato, con la vergogna addosso, però ha detto che va bene se il PDL dà indicazione di far riversare su di lui i voti. Vale ricordare, perché non tutti siamo di Parma e non tutti seguiamo tutte le vicende italiane, che il PDL è quel partito che stava governando Parma e che Sindaco e Giunta, inquisiti e arrestati dopo un moto di popolo (dove hanno partecipato anche molti sostenitori del Movimento 5 Stelle a metterlo in atto) è stato costretto a far dimettere sindaco e giunta ed ora lì c’è un commissario che sta facendo svolgere le elezioni amministrative.

cristiano parisPerché dico queste due cose ai sostenitori di Grillo presenti, come rivendica Paris, nell’associazione Movimento per il Cambiamento? Per dire loro, che non possono mimetizzarsi a giocare di fare finta di non essere un partito e poi lo sono. Non solo così facendo stanno determinando che l’associazione stessa sia all’interno del Movimento 5 Stelle. Intendiamoci, in questa eventuale scelta, non ci sarebbe nulla di male, perché fatta in piena autonomia. Solo che non si possono prendere in giro la verità delle cose, e le persone che stanno magari a margine dell’attivismo politico, senza dire loro chiaramente: si il Movimento di Tammaro sta confluendo nel Movimento 5 Stelle. Ripeto, nulla di male, ma trasparenza in ciò che si è e si persegue, si questo lo posso pretendere dai miei interlocutori. In qualche modo, perfino interlocutori privilegiati. A contrario, se per caso così non fosse, e Tammaro e il resto del Movimento per il Cambiamento non volesse diventare grillino,…beh! Si aprirebbe un bel problema politico. Qualcuno sta forzando a mano? Qualcuno non gradisce l’autonomia fin qui dimostrata da Tammaro e dall’originario movimento?  A voi le risposte.

A coloro, appunto, che invece non si riconoscono nella ipotesi grillina, vorrei sottoporre con estrema trasparenza e con finalità sgombra da chissà quali altri obiettivi che non la possibilità di lavorare insieme, alcuni quesiti.

  1. è di vostra conoscenza che l’associazione fondata a dicembre (non so se riconosciuta o meno; se vagliata e da chi) è, di fatto un partito politico e, quindi fuori legge secondo proprio il Punto 3 dell’articolo 2 della legge in base alla quale è stata costituita l’associazione Movimento per il Cambiamento? Infatti, la norma così recita all’ Art.2, 383/2000. “Non sono considerate associazioni di promozione sociale, ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati.”

Ora se questa disposizione è chiara, è altrettanto chiara la nascita della associazione-partito Movimento per il cambiamento che così stabilisce all’Art.2, Punto 3 Statuto. “L’Associazione, nello svolgimento della propria azione, riconosce le forze politiche e le istituzioni come agenti del territorio

e pertanto interagisce con esse nel perseguimento esclusivo delle proprie finalità. Fatta salva la libertà e l’autonomia degli associati, essa può sostenere candidature di persone, liste civiche, partiti e coalizioni nei quali risultino evidenti i valori ed i principi che ispirano questo Statuto.”

Allora a questi associati domando:

Sapevate questo e condividete?

Condividete di dare vita ad un partito?

Condividete di fare uso di una legge (che dà sgravi, che facilita operazioni quotidiane, come ad esempio allestimento di feste etc.) che esclude l’intento di riconoscere questo a partiti, pur avendo costituito voi un altro partito?

Naturalmente, per me, a questo stadio delle cose, la questione non è “meramente legale” ma politica.

Per questo, oltre la ricostruzione (francamente dietrologica, quasi da caccia ai fantasmi) svolta da Paris e da Onorati, sulla richiesta di una intervista a Ballarò mi viene da chiedere:

formicheAdolfo Tammaro, che partecipa e non dirige (per statuto) l’associazione Movimento per il Cambiamento, sapeva tutte le cose rese note da Paris e Onorati? Nel caso non ha nulla da commentare circa tutti gli assalti trascorsi “contro i partiti” che dalla sua parte sono venuti? Intende riconoscere che non è così? Intende affermare che i partiti sono strumento di democrazia necessaria, indispensabile perfino? Riconosce che pur nella critica, ci sono partiti che sono inattaccabili eticamente e moralmente e altri che è meglio che facciano un bel po’ di autocritica e di totale ricambio del fare politica (che non necessariamente coincide con la sostituzione delle persone)? Annuncia, finalmente, che si è costituito un partito nuovo locale (dentro o no M5S)? Oppure, al contrario, denuncia “una invasione di campo” da parte dei grillini e ci dice se vuole conviverci oppure no?Marzia Maglio

Infine, una considerazione “professionale” sulla richiesta di Ballarò. Non conosco personalmente la giornalista Marzia Maglio. So per esperienza però, che se uno sceglie di fare il giornalista, proprio perché non lacchè di nessuno, sceglie di mettersi nella condizione di fare domande scomode. Quindi, anche fosse vero che alla fine della trasmissione Grillo avrebbe fatto una non buona figura per il trattamento riservato a Paris; il metro di giudizio non sarà mai – per un professionista (anche schierato come me) – se va a danno di qualcuno, ma se quel che emerge, e viene divulgato è l’effettiva realtà che si è svolta di un derminato fatto oppure no. Quindi, in altri termini, rifiutare la presenza a Ballarò è stata una fesseria!

RomaRegione.net ha messo in evidenza questo contributo:

http://www.romaregione.net/2011/11/21/maurizio-aversa-controcorrente-roberto-saviano/

(editoriale redazionale di Paneacqua)

L’emorragia di Futuro e Libertà

Barbareschi, Rosso, Bellotti, il gruppo al Senato che si dissolve. A Fli va in scena uno psicodramma, il vicepresidente Bocchino minimizza ma il nervosismo è palpabile. La disfatta finiana, oltre che in Parlamento, si consuma anche al Secolo d’Italia dove sembra ormai imminente l’epurazione della direttrice Flavia Perina. Maggioranza al lavoro per recuperare i numeri nelle commissioni, il gruppo dei responsabili viene infoltito con sei innesti dal Pdl  Il partito di Fini è in crisi? No “gode di ottima salute ed è più dinamico di prima”. Lo sostiene il vicepresidente di Futuro e Libertà Italo Bocchino che in un videomessaggio diffuso dal sito internet di Fli minimizza la continua emorragia di parlamentari. “Qualcuno ha scelto di andarsene, ci dispiace per certi versi dal punto di vista personale – ha spiegato Bocchino nel videomessaggio -. Non comprendiamo e non condividiamo le loro valutazioni ma nessuno dalla struttura ha deciso di andare via. Sono dei casi singoli – sottolinea Bocchino – che riguardano questioni personali e posizioni interne al partito che non potranno essere oggetto di mercanteggiamento”. Oggi il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi ha formalizzato in Aula l’uscita dal gruppo di Roberto Rosso e Luca Barbareschi. Il primo torna nel Pdl, mentre Barbareschi si è iscritto al gruppo misto. Al Senato il gruppo di Fli è in dissoluzione: è già sceso sotto la quota minima di dieci componenti per attestarsi a otto, e altre “uscite” sono date per imminenti.

Ha suscitato molte polemiche tra i giovani finiani anche l’uscita dal gruppo del deputato Luca Bellotti tornato nel Pdl. Il sito di generazione futuro ha pubblicato oggi una dichiarazione di Bellotti che la scorsa settimana dall’Assemblea costituente di Fli affermava: “Chi si fa comprare non è libero: è una merce. Quando si viene pagati non si è più liberi. Io mi sento libero e coerente con la mia storia, col mio credo, e chi ha tradito forse dovrebbe considerare la propria storia”. “Cosa è cambiato – scrive Dino Carratù sul sito dei giovani futuristi – rispetto alla scorsa settimana? Bellotti chiarisca il senso del suo discorso pronunciato a Milano e la sua scelta di rientrare nel Pdl maturata solo qualche ora dopo. In caso contrario possiamo legittimamente pensare che a Milano l’ex finiano avesse ragione:’chi si fa comprare non è libero, è una merce'”. Nel videomessaggio Italo Bocchino parla di “litigi interni” ma precisa: “Qualcuno ha voluto far credere che un momento di litigiosità interna fosse un momento di grave crisi politica. Non c’è alcuna crisi politica di Futuro e Libertà, il nostro progetto va avanti con la stessa forza di prima, con più forza di prima”.

Caustici i commenti dei parlamentari del Pdl. Il vicepresidente dei deputati del Pdl Isabella Bertolini paragona i finiani ai “musicisti del Titanic”. “I pochissimi rimasti in Fli, come l’onorevole Lo Presti, sembrano quei surreali musicisti che mentre affondava il Titanic suonavano per non far sentire i tremendi colpi della nave che si era infranta contro l’iceberg. La realtà è che il progetto politico di Fini è abortito”. “Non ha funzionato – sottolinea la parlamentare – perché non si può solo costruire qualcosa di serio sempre e solo contro Berlusconi. Non ha funzionato perché non si può tradire il mandato popolare e allearsi con la sinistra per tentare di far cadere il governo. Era evidente anche a un bambino che una roba così non poteva funzionare – conclude la parlamentare -. Prenderne atto sarebbe un bell’inizio e le scuse di Fini per aver fatto perdere tempo a tutti sarebbero il minimo”. Secondo Carmelo Briguglio, deputato di Futuro e Libertà, “tra deputati e deputate del Pdl che quotidianamente dichiarano con particolare vis polemica contro Fli, c’è anche chi qualche mese fa aveva chiesto udienza e discusso la sua uscita dal Pdl perché a suo dire non ce la faceva più a stare con Berlusconi. Tanto accanimento mi sembra poco dignitoso – afferma Briguglio – quando fino a ieri l’altro si diceva e pensava con altrettanta forza proprio il contrario. Non è elegante fare i nomi ma chiudersi in un dignitoso silenzio qualche volta sarebbe opportuno per non violentare la propria coscienza”.

Che i finiani siano nervosi a causa dell’emorragia è testimoniato da un paragone al vetriolo dello stesso Briguglio: “Quando i regimi sono alla fine ricorrono ai mercenari, accade per Gheddafi che fa sparare sul suo popolo, lo stesso vale per Berlusconi con lo shopping che incrementa in Parlamento la legione straniera di deputati e senatori disponibili e pronti persino a giurare senza vergognarsi che Ruby è la nipote di Mubarak. La storia ci dà segni chiari anche in questi giorni, ci insegna come andrà a finire, come andranno a finire. Basta attendere continuando a fare con onore e dignità il proprio dovere”.

Il senatore Pasquale Viespoli, a ridosso della riunione che dovrebbe decidere il “destino” di molti esponenti finiani, butta tuttavia acqua sul fuoco delle polemiche: “Ogni scelta andrà quindi rispettata perché sarà una scelta politica”.

La maggioranza, forte di un redidivo appeal, lavora intanto per recuperare il controllo delle commissioni e “infoltisce” il gruppo dei responsabili, che salgono a quota 28 grazie all’ingresso di sei deputati del Pdl. Ad iscriversi al nuovo gruppo, ha annunciato in aula a Montecitorio in apertura di seduta il vicepresidente Maurizio Lupi, sono Giancarlo Lehner, Giovanni Mottola, Andrea Orsini, Gerardo Soglia, Maria Elena Stasi e Vincenzo Taddei. Con questo rimescolamento di carte diventa più facile l’operazione di riequilibrio all’interno delle commissioni parlamentari, dopo la scissione di Fli.

La disfatta finiana, oltre che in Parlamento, si consuma anche alSecolo d’Italia: dopo i deputati e senatori passati altri gruppi, Fli perde infatti anche lo storico quotidiano della destra. Già organo del Movimento Sociale Italiano e poi di Alleanza Nazionale, il giornale era rimasto nelle mani dei finiani dopo lo strappo e la cacciata del presidente della Camera dal Pdl, fra le inquietudini degli ex “colonnelli” (La Russa e Gasparri in primis) rimasti fedeli a Berlusconi e che al Secolo avevano trascorso un lungo periodo di militanza nella loro “precedente vita”, prima di abbandonarsi al “pensiero unico made in Arcore”. Tutto questo fino alla resa dei conti, rappresentata dalla sostituzione dell’amministratore unico Enzo Raisi, deputato di Fli, con un consiglio di amministrazione che vede in maggioranza la componente Pdl dell’ex Alleanza Nazionale.
In questo clima, sembra ormai imminente l’epurazione della direttrice Flavia Perina (pure lei deputata finiana), che in queste ore contrattacca in un’intervista al Riformista. “L’accusa che il Secolo d’Italia sia il giornale di Fli è infondata. Siamo il giornale dell’anima più profonda della destra”, sostiene Perina. E sul cambio al vertice della società editoriale, la direttrice spiega che “cercano di normalizzare non un giornale finiano, ma la storia della destra italiana, riconducendola ad un modello berlusconiano estraneo a tutto quello in cui abbiamo sempre creduto. La nostra storia non finisce con un atto di prepotenza. Siamo orgogliosi del lavoro fatto e i risultati raggiunti da questo giornale sono incontestabili. Siamo sereni”. Intanto, però, per la direzione del giornale circolano i nomi di Marcello De Angelis e Gennaro Malgieri.

(da Agoravox) Variabili possibili sugli scenari delle opzioni di voto (pensate su un incrocio sondaggi-regionali) Cosa ci dicono i sondaggi sugli scenari possibili in caso di elezioni anticipate? Prima di addentrarci nell’analisi dei tre scenari elettorali ad oggi più probabili è necessario fare un breve excursus sulle elezioni del 2006 e del 2008. Nella tabella qui sotto sono riportati i risultati elettorali conseguiti nelle due ultime elezioni politiche per diversi cartelli elettorali, per provare a fare un ragionamento euristico su di essi.

http://www.agoravox.it/Scenari-elettorali-cosa-dicono-i.html

Ricostruiamo il partito comunista?  Si!
di maurizio aversa
In queste ore ferve una iniziativa politica di massa affidata ai contatti ed alle adesioni che si possono promuovere via web. Sulla rete è infatti ospitato ( e sembrerebbe che sia vivo, dopo essere stato parzialmente azzoppato e tramortito e, quindi di nuovo vivificato…stranezze della informazione via internet) un sito-blog, di cui qui sotto troverete gli estremi, ed anche una presenza di “pagina” sul popolare social network FaceBook col titolo “Ricostruire il Partito Comunista”. Il lancio dell’iniziativa ha preso le mosse dalle pagine del Manifesto, ed è coincidente col pensiero impresso sulla nuova tessera Pdci del 2011 (ricostruire il partito comunista). Nel testo-appello dei “Ricostruttori comunisti” che intanto in mille hanno lanciato la proposta, si può leggere in conclusione: “Sappiamo che la ricostruzione di un partito comunista in Italia è un processo arduo e complesso, di cui dobbiamo saper individuare fasi e tappe intermedie. Abbiamo come riferimento i punti alti dell’esperienza e della elaborazione del movimento comunista italiano e internazionale, nell’ispirazione leninista e gramsciana, che va attualizzata.Pensiamo che nella fase attuale sia possibile e necessario ricostruire un partito di quadri e di militanti con una influenza di massa; che pur non essendo da subito grande in termini di iscritti, sappia organizzare una presenza efficace dei suoi militanti nella società, nel sindacato, negli organismi popolari, nei comitati di lotta che vanno nascendo; e quindi sia capace, in questo senso, di esercitarvi una influenza di massa. Che sappia caratterizzare la sua presenza nelle istituzioni in stretto legame con le lotte popolari. Che si lasci alle spalle la degenerazione correntizia e sia gestito in modo collegiale e unitario. Non è facile, ma è indispensabile. Non ci nascondiamo le difficoltà dell’impresa, ma non vogliamo arrenderci e siamo convinti che troveremo migliaia di compagne/i pronti a sostenerla. Lavoriamo perché essa si arricchisca del contributo delle giovani generazioni, che non hanno vissuto gli errori e le sconfitte del passato: ad esse appartiene il futuro.”. Noi che abbiamo, per scelta consapevole, aderito all’appello-intento, amiamo pensare che anche una serie di coincidenze possano aiutare molti indecisi o rinchiusi in casa, o illusi e disillusi dalle onde politiche che si sono succedute negli ultimi anni a sinistra, a scegliere di provare. Provare non tanto a restaurare nostalgicamente ciò che non si può ripetere, ma tentare di far rivivere una moderna organizzazione comunista a disposizione della sinistra e della democrazia italiana così bistrattata in questi anni, questo si.

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Alemanno: “Molti i vili che non si opposero alle leggi razziali”..

ROMA – “Con le leggi razziali il popolo italiano si divise in tre parti: una parte piccola, quella dei giusti, che seppero opporsi. Un’altra parte e’ quella degli scellerati che chiedevano intransigenza nell’applicazione di quella legge. Ma la parte più ampia, quella di cui più dobbiamo avere memoria, e’ la parte dei vili, dei silenziosi, dei conformisti, di coloro che non seppero opporsi per fare muro di fronte a questa vergogna”. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, torna cosi’ sui provvedimenti voluti dal regime fascista contro la comunita’ ebraica, partecipando alla cerimonia con cui e’ stata scoperta una lapide per ricordare gli studenti e i professori ebrei cacciati dalle scuole italiane, oggi nella caserma dei carabinieri di via Celimontana dove all’epoca trovarono rifugio. “In questa scuola- continua Alemanno- si riunirono insegnanti e scolari che reagirono con spontaneita’ a quelle persecuzioni e discriminazioni riformando una scuola che ando’ avanti e che mantenne viva l’identita’ ebraica e la liberta’ di coscienza e di espressione”. Questo, secondo il sindaco, dimostra che “la volonta’ delle persone puo’ sempre opporsi alle scelte della dittatura, della violenza e del totalitarismo. Oggi noi ricordiamo quell’esempio perche’ e’ l’espempio delle coscienze libere che reagiscono e che rifiutano le imposizioni degli orrori della violenza e della vergogna”.

Notazione e quesito: ogni volta che alemanno fa dichiarazioni simili, ricordarsi sempre di chiedere se si sta rivolgendo ai cittadini di roma o agli osannanti suoi seguaci fascisti che lo hanno acclamato vincitore.m.a.